LA GIOVENTU'

L'acqua Santa e poi la "Coda del diavolo"...

 

 

Uscito dal collegio, non ebbe difficoltà a trovare lavoro (cosa che gli riuscì sempre bene). Si fermò così a Como, che lasciò solo per svolgere il servizio militare; venne dislocato a Mantova, negli artiglieri, con l'incarico di autiere, ove consegui la patente per la guida dei  camion . (Permesso di guida , che anni dopo in riva al Lario,  presso la storica l’autoscuola Aliverti, perfezionò , sino al conseguimento della "E Pubblica" , e cioè il massimo delle patenti di allora) .

Assolti gli obblighi di leva, si arruolò nella Polizia di Stato, assegnato al reparto della Celere milanese, sempre come autista. Diede poi, dopo la ferma, le dimissioni, motivato da brutte esperienze, come le sassaiole nelle piazze degli anni Cinquanta. In effetti gli agenti, a quei tempi, erano privi di protezioni ed il luogo degli scontri era davvero un inferno.
Dopo quella esperienza, tornò in Veneto, dove il padre ormai conviveva con un'altra donna, dalla quale ebbe anche un figlio e una nuova famiglia. Malgrado ciò i rapporti col padre non si inclinarono mai, ne ebbe sempre un gran rispetto. Trovò lavoro in uno
zuccherificio, ma non vi stette molto e, vista Ia situazione familiare, decise di partire, di lasciare nuovamente il Veneto. Partì, ma per dove non si sa, come si sa poco degli anni successivi: dove li trascorse, come li trascorse e con chi. Ne parlò davvero poco anche in famiglia. Resta perciò un vuoto di circa sei anni, durante i quali, probabilmente, aveva girovagato per I'Italia. Di sicuro visse per qualche tempo a Roma. Una sera - racconta il figlio - accennò vagamente ad una storia sentimentale vissuta proprio nella capitale, e risalente a quegli anni. Raramente usciva dalla sua bocca qualche piccolo particolare e, quando accadeva, gli indizi non erano sufficienti a costruire una trama, ma bastavano per far capire che la sua era stata una vita distratta, trascorsa vagabondando di città in città.
Un altro particolare che avvalora questa ipotesi risale ad un altro episodio, durante un «giro di carte», come li chiamava lui. In alcuni periodi dell'anno prendeva con sé l’inseparabile mazzo di carte piacentine, il normale mazzo con quaranta carte, e si recava nei crotti e nelle osterie del Ticinese: lì leggeva le carte a chiunque lo volesse. Chiedendo in cambio un’offerta libera, che non sempre consisteva in denaro, bastava solo un semplice caffè o addirittura una sigaretta, di modo che il debito karmico dovuto all'atto della consulta fosse saldato e non ricadesse sul consulente. Accadde che un giorno, assieme al figlio, si recasse a Gandria, un paesino sulla sponda Ticinese del lago di Lugano, per consegnare un quadro su ordinazione. L'acquirente lo attendeva in un bar nei pressi della riva, e lì avvenne la contrattazione. Al termine della trattativa, che era andata a buon fine, il cliente se ne andò. La proprietaria del posto, amica di Woodns, portò due nuovi boccali di birra e gli chiese un «giro di carte». Accettò. Tirò fuori il mazzo, lo mischiò e fece alzare con la sinistra, poi dispose le carte sul tavolo in un modo particolare, chiamato «coda del diavolo», e divinò. Alcuni clienti, incuriositi, vollero anche loro conoscere il proprio destino. I «giri» si moltiplicarono e la birra scendeva. Umberto, che non era un bevitore, si ritrovò un po' brillo, fece un ultimo giro di consulta, poi ripose le carte. Fu allora che la titolare del locale si sedette di nuovo al tavolino e gli fece una domanda , gli chiese dove avesse imparato tale arte. Complice l'alcool, ne parlò. Disse di aver avuto una donna nel Modenese che aveva frequentato per un certo periodo e che lo introdusse e lo istruì all'arte della cartomanzia. Aggiunse poi che non tutti possono divinare e che lui, mostrandole la mano sinistra, ne possedeva il dono, cioè una vena a forma di «S» che attraversa la linea della vita. Narrò di averla ereditata da un antenata, tradizione che si tramandava in famiglia col nome di «Donna Silvia». Si riteneva che l'ava risiedesse alla corte del Doge, ricoprendo proprio il ruolo di cartomante. Ricordano in famiglia che, a fine anno, era di rito consultare le carte sull'anno a venire; e sottolineano anche che rare volte la divinazione era sbagliata, nel bene così (purtroppo) come nel male. Rimane dunque il vuoto ed il mistero che accompagnarono quegli anni.
Una delle ipotesi su quel periodo potrebbe essere questa:  a volte nell'entourage di famiglia, si mormorava di un breve periodo trascorso in  "Legione" dalla quale puntualmente, come fece per collegi e polizia, evase. Ma ciò resta solo una mera supposizione...
 

L'avventrice gli chiese un giro di carte...

  Ritratto di donna con bottiglia e bicchiere - 2003       Sanguigna con guazzo su ciat-giallina 49,5x67,5 cm

 

1953, nella Celere


Un immagine di Woodns a ventun'anni nella polizia di Stato.

Un mazzo di carte piacentine


Una donna modenese, probabilmente sua amante... lo Introdusse e lo istruì sull'arte della cartomanzia.

Merito di un'antenata veneziana, "Donna Silvia", la capacità di divinare...


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